Interessante? Sì, certo. Belus? Manco p'o cazzus

"Alan Wake" arriva sicuramente dalla tradizione del survival horror, per quanto gli sviluppatori stessi vorrebbero non identificarlo come tale. Da un lato penso abbiano ragione, essendo comunque manchevole di alcuni elementi chiave (es.: estrema scarsità di puzzle)

Si tratta di un gioco strano, in particolare a causa di una certa quantità di inconsistenze e incoerenze. In quanto horror, approda più esattamente nell'horror psicologico vantando influenze che vanno da King a Lynch, fino a Carpenter (in particolare "Il seme della follia"). Supportano questo appunto soprattutto elementi narrativi e di enemy design anziché direttamente di gameplay: una certa introspezione e indagine psicologica del personaggio e una manifestazione degli orrori dipendente dal protagonista stesso. Per quel che riguarda il combat system, mr. Wake mostra chiaramente di essere una persona comune affaticandosi relativamente in fretta, non prevedendo nessuna forma di corpo a corpo e attraverso l'impossibilità di portare con sé un eccessivo quantitativo di oggetti. Tuttavia, le sue abilità con le armi da fuoco sono forse eccessivamente alte. Inoltre, lo slow motion è a mio avviso troppo frequente, al punto da quietare l'impatto di certi momenti in cui è invece più adatto

La proposta di una realtà horrorifica è però garantita da un passaggio intenzionale accaduto nel corso dello sviluppo. In origine, "Alan Wake" era stato pensato come un open-world e, in quanto tale, avrebbe dovuto consentire l'esplorazione della cittadina e della foresta in cui questa è immersa; difatti, nelle varie zone di capitolo in capitolo (potremmo quasi definirle delle piccole open-map, ma sono un po' troppo lineari) è possibile avvistare in lontananza edifici e punti di interesse esplorabili e raggiungibili in quel capitolo stesso o in altri. A proposito dei capitoli: inizialmente "Alan Wake" prevedeva una pubblicazione digitale episodica in tempi differenti - riprendendo il modello delle serie televisive; Microsoft, non vedendosi d'accordo, ha spinto per la pubblicazione del prodotto intero

Il mondo di gioco, ad ogni modo, riesce ad aderire a modo suo a un concetto d'avventura ed esplorazione. L'introduzione in particolare è ben realizzata: permette di interagire, inconsapevolmente, con buona parte dei personaggi che ritornano in altri episodi, di esplorare luoghi che restituiscono un buon senso di realismo e familiarità (cosa purtroppo poco ripetuta a partire dal secondo episodio, come anche la possibilità di parlare ad altri personaggi presenti nella scena semplicemente andandovi vicino). Ancor di più, questa avventura si fa misterica ed entra in sinergia con l'enemy encounter design. Gli avversari sono sempre piazzati più o meno sapientemente, all'interno di arene o punti di transizione della mappa relativamente diversificati, e sono sempre particolarmente aggressivi. C'è però una particolarità: Wake, nel corso della propria esplorazione e entro i limiti della mappa, può dirigere sguardo e gambe dove vuole e seguire un proprio percorso; i nemici spesso e volentieri emergeranno dalle ombre alle sue spalle, in assenza di un qualsiasi segnale uditivo che ne annunci la comparsa. Solo occasionalmente un effetto sonoro e uno spostamento forzato della telecamera puntano in direzione dei nemici che stanno per aggredirlo, altrimenti Wake si accorge della loro presenza solo nel momento esatto in cui viene aggredito. Il giocatore viene quindi spinto a rimanere sempre in allerta, conservando un certo livello di tensione e una tendenza a guardarsi sempre attorno per individuare i propri inseguitori. La linearità è di fatto tale, ma le zone sono un minimo aperte così da permettere questo tipo di eventi. Proseguendo coi capitoli, inoltre, capiterà spesso di trovarsi in piccole radure o in quartieri della cittadina: i nemici, per un giocatore inconsapevole dei punti di spawn, potrebbero certamente apparire dietro qualsiasi angolo. Sommando questo al fatto che le creature sono tutte particolarmente aggressive, si permette un costante stato di pericolo. Capita anche che zone precedentemente considerate sicure non siano più tali in altre situazioni: la sicurezza viene sempre e solo garantita dai fasci di luce, e le aree boschive amplificano un senso di disorientamento che viene già garantito dall'aria cupa e dall'oscurità. Al netto di tutto ciò, permane però una sensazione sgradevole dettata dal fatto che l'esplorazione negli spazi aperti e della città sono consentite solo all'interno di aree ristrette e perlopiù di notte: non è mai davvero permesso vederla da vicino e viverla al di fuori di qualche cutscene, e non è mai possibile conoscerla. Al massimo, ci si ritrova a combatterla

Questa apertura dello spazio esplorabile, e i precedenti di sviluppo sotto forma di open-world, sono anche suggeriti da un uso relativamente frequente di automobili (danneggiabili peraltro): queste servono tanto per raggiungere un certo punto della mappa quanto per abbattere alte quantità di avversari. Un'inclusione forse dovuta all'influenza dei vari GTA, lo sviluppo si è svolto in un'epoca in cui l'open-world si era diffuso a macchia d'olio e con esso lo spostamento con automobili. Purtroppo il sistema di guida è ammazzato da un'accelerazione del mezzo tale che sembra di essere nella Formula 1. Questo, per me, costituisce particolare punto di dispiacere. C'è una cosa in particolare che faccio nei giochi con forte impronta narrativa: cammino. Con questo intendo che tendo a muovermi a passo d'uomo, cercando di aderire al realismo di certe situazioni, accettando come avanzamento ed esplorazione possano giovare da ritmi più dilatati e attraverso i quali ci si lascia il tempo di osservare il mondo che è stato più o meno meticolosamente costruito dagli sviluppatori. Questo funziona in particolare nei casi in cui abitazioni e strade siano state realizzate ponendo particolare attenzione alla composizione, alle routine, ai compiti, agli arredi. Ancor più nei casi in cui sono possibili interazioni, come è il caso di questo gioco quando avvicinarsi a un personaggio attiva automaticamente un dialogo. Questo mio atteggiamento nei giochi si può anche traslare all'uso dell'automobile: un esempio è "Mafia", dove tendenzialmente guidavo a basse velocità cercando di apprezzare gli esterni del gioco

Mi rincresce ammettere che nel corso della partita l'apprendimento ha fatto molto per ridurre la tensione stessa: più volte, specie quando non mi trovavo nella foresta, ho potuto facilmente riconoscere i momenti di tranquillità dato che il gioco tende a seguire un ritmo abbastanza prevedibile

Questa particolarità non trova purtroppo uguale livello nella scrittura (che tende fin troppe volte al generico film action, con un paio di sequenze che mi hanno ricordato non per nulla Max Payne), di interazioni e distribuzione delle risorse (troppo facile cumularle in blocco, se ne trovano parecchie ammassate; la pittura gialla ci sta ma ridurla a frecce è troppo grezzo; i fanali luminosi dovrebbero fare da trappola ma fin troppe volte conviene affrontare da sé gli avversari visto l'eccesso di risorse senza rischiare esponendosi), sound design (il gioco è efficacemente silenzioso, ma quando presenti i suoni ambientali e i suoni non diegetici non hanno mai prodotto qualcosa che influenzasse il mio livello di tensione) e di varietà. Riguardo quest'ultimo punto, mi riferisco in particolare al fatto che il gameloop fondamentalmente ruota attorno all'atto di sparare contro piccole orde di nemici, lasciando fin troppo poco spazio a qualsiasi altro elemento di gameplay

Reviewed on Mar 03, 2024


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