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Sniper Elite 4 è esattamente quello che mi aspettavo: una trama pretestuosa e un gameplay ben calibrato.
Sicuramente non ho nemmeno scalfito la profondità che può avere SE giocato senza nessun assist e a difficoltà più elevate (giocato a difficile), ma già così questa è un'esperienza più tattica e ragionata rispetto ad altri TPS in cooperativa che ho giocato.
Quando le azioni manovrate di stealth, cecchinaggio e sabotaggio funzionano bene c'è molta soddisfazione.
Il mio elemento preferito e che non mi aspettavo sono le mappe: sorprendentemente sandbox e da sfruttare in tutto lo spazio per ricavare il massimo dal gameplay, oltre ad essere tutte ben distinte e affascinanti.
Insomma un gioco che fa il suo dovere senza cadere nella ripetizione considerando la durata, senza picchi estremi ma senza alcun difetto rilevante.

Per un motivo o per l'altro dopo l'esperienza dei due Xillia, nonostante l'impatto che ha lasciato su di me il primo capitolo della storia di Milla Maxwell & co. ho perso per strada questa saga di JRPG.
Con un 3DS da consumare e i generali commenti positivi che Tales of the Abyss ha tra i fan, mi sono attrezzato per tornare finalmente dove ho lasciato un pezzo di cuore.

L'impatto iniziale non è stato dei migliori: l'impressione generale che lascia e, ripensando anche agli altri due capitoli che ho giocato, che lasciano i Tales of è quella di una saga con un tono parecchio anime. Un conto è interfacciarmi con questo a 17/18 anni, un conto è oggi, a 27 anni, finiti gli studi e parte della macchina produttiva mondiale in mezzo ai boomer per 9 ore al giorno.
Il tono è quantomeno uno a cui ho dovuto riabituarmi, soprattutto su alcuni personaggi come Luke (in particolare il primo Luke) e Anise. Mi rendo assolutamente conto che nel primo atto Luke è scritto come una faccia da culo di proposito, ma in alcuni casi secondo me si è calcata troppo la mano, tanto che l'evoluzione del personaggio diventa telefonata fin dalle prime ore (non nelle modalità ma nel fine).

Detto questo non starò qui a fare il bastian contrario e dire che la scrittura dei personaggi sia di basso livello, anzi.
Di fatto questo era l'aspetto che più mi mancava di Tales of, perché ancora oggi di Xillia porto con me le personalità del party.
Ciò che fa bene Tales of the Abyss è dare incessantemente voce ai suoi personaggi, il rateo cutscene/gameplay è praticamente 1:1, se non di più considerando la quantità smisurata di dialoghi opzionali. Non tutti i dialoghi sono fondamentali ma tutti i dialoghi contribuiscono alla modellazione delle personalità dei compagni di viaggio, ed è per la volontà di fare questo passo in più, così come per il lavoro degli ottimi doppiatori (giocato in inglese) che voglio sottolineare la qualità di questo aspetto.
Parlando dei personaggi quindi posso dire che non ce n'è uno che non abbia apprezzato.
Tra i miei preferiti parto da Anise: comprendo che i personaggi bambini siano facilmente detestabili, e, come dicevo, pure per me Anise è inizialmente difficile da mandare giù, anche perché per tutto il primo atto la sua unica caratteristica è, scherzosamente o meno, voler sposare un uomo facoltoso, cosa che è particolarmente disagiante vista la sua età. Una volta rivelata la sua situazione familiare però, è diventata per me un personaggio molto interessante, riflettendo sul come agisca da ragazzina. In parte mi ha ricordato Yuffie, un personaggio "fastidioso" ma che nella sua ingenuità, a causa dell'amore che ha per le sue radici, agisce puerilmente per proteggerle.
Tear ha la caratteristica di essere il più imperscrutabile dei personaggi del party: raramente aperta a raccontare cosa prova o cosa pensa, è la ragazza che più deve mettere in gioco i suoi sentimenti e ciò in cui crede durante la trama, oltre a dover soffrire fisicamente, il tutto con grande stoicismo. Forse non è il più narrativamente mutevole dei personaggi ma quello che ho ammirato di più a livello di carisma.
Jade è il vero MVP di Tales of the Abyss, tanto da dover essere nerfato all'inizio della trama. L'ironia, il sarcasmo e il pragmatismo sono le cose che più mi hanno colpito di Jade. In particolare nelle battute finali la sua freddezza e la sua capacità di fare la scelta anche difficile e dura, a scapito di persone a cui veramente vuole bene, mi hanno sorpreso. Spesso, in questo tipo di narrazioni, affiora sempre l'idea che la via più nobile è quella dove si possono salvare capra e cavoli e dove si è gentili (ne avevo parlato per quanto riguarda Atelier Lulua), qui, per quanto poi magari non si rispecchi veramente nei fatti, le scelte e i ragionamenti di Jade non vengono inquadrati mai come negativi.

Ma il mio aspetto preferito riguardante i personaggi rimane la loro gestione, quanto parlano e quanto interagiscono tra loro. Di ogni personaggio esiste una relazione tangibile con tutti gli altri, non solo col protagonista e non solo in gruppetti.
Ci tengo anche a dire che Natalia e Guy non sono per niente personaggi minori e di fatto è una questione di mera preferenza. Guy è un ottimo best buddy, che non ha paura di dire senza peli sulla lingua quello che pensa per il bene dei suoi amici e Natalia è affascinante nelle sue insicurezze e nel modo in cui le combatte. Certo, di questi due personaggi non mi piacciono alcuni aspetti: di Guy la sua fobia delle donne, che è giustificata abbastanza male e gestita, di nuovo, in modo molto "anime" e di Natalia la sua backstory, che mi sembra cada un po' dal cielo e buttata nel minestrone che è la trama di Tales of the Abyss.

Parlando della trama infatti, mi sono ritrovato di fronte al più classico dei casini narrativi jrpgistici. In particolare, la necessità di inserire meccanismi e lore personalmente incomprensibili così prepotentemente nella narrazione principale non è stata vincente nel agganciare il mio interesse. La presenza di Luke che nel primo atto spesso dichiara come non ci stia capendo nulla sembra quasi un'ammissione di colpa degli sviluppatori.
La voglia di buttare così tanti elementi nella trama principale mi sembra abbia annacquato molte delle buone idee. Un esempio è appunto la backstory di Natalia, o il tradimento di un personaggio gestito secondo me male nella reazione del party. Questi sono elementi "cucinati" a metà che non colpiscono come altri e danno la sensazione di lungaggine.

A tal proposito l'elemento che ho sofferto di più di quest'opera è la gestione del ritmo e del tempo del giocatore. Dopo un primo atto classicamente introduttivo e giustamente lento, con un finale sorprendente, dal secondo atto letteralmente la maggior parte del tempo è spesa in viaggi principalmente da una città già visitata all'altra. La media è di qualcosa come 4 spostamenti con cutscene di esposizione seguita da forse un dungeon o una boss fight. Mi rendo conto che l'idea fosse quella di creare una trama complessa anche molto politica, e sicuramente questo obiettivo è stato centrato, tuttavia mi chiedo se si potesse fare in diverso modo.
Spostarsi nella world map è noioso, si poteva tranquillamente passare da una cutscene all'altra, tagliare, rendere disponibile da subito il viaggio rapido...
Tales of the Abyss è un JRPG di 40/50 ore che pesa come se ne durasse quasi il doppio.

Purtroppo la mia esperienza si è aggravata non avendo apprezzato molto nemmeno il gameplay.
Ho trovato il combat system acerbo, con delle buone idee, come il Field of Fonons, che alla fine dei conti servono a poco. I combattimenti sono stati per me una questione di button mashing, fughe con corsa libera e gestione delle risorse.
Anche per la parte ruolistica mi sento di fare lo stesso discorso. Le camere che permettono lo sviluppo di caratteristiche specifiche e la possibilità di sviluppare liberamente le arti singole sono buone idee ma non ne ho trovato un effetto tangibile nel gameplay e gli equipaggiamenti scalano e basta a esclusione di alcuni accessori.

Ho apprezzato invece molto la progettazione dei dungeon: mai inutilmente lunghi e con enigmi della perfetta difficoltà, quella della leggera frustrazione ma mai tale da guardare una guida.
I dungeon poi, come anche le città, sono tutti molto distinti ed esteticamente piacevoli, nessuna sensazione di corridoi anonimi né nella presentazione, né nel gameplay insomma.

Volevo chiudere parlando dell'ottima scrittura attorno ai temi di Tales of the Abyss.
Tornano spesso, con diversi personaggi, stimoli a riflessioni sull'identità (Asch, Natalia, Synch) sulla redenzione (Jade) sull'amor proprio (Natalia)... C'è un'originale (per il genere) pensiero non anti-religioso ma solo anti-ecclesiastico (con Mohs, Anise e Tear).
Luke, il protagonista, nel suo arco di evoluzione, racchiude un po' tutti i temi sopracitati e, nonostante mi sia lamentato della sua scrittura nel primo atto migliora molto successivamente. Ho sentito spesso dire che dopo il suo cambiamento Luke diventa un classico protagonista da Tales of ma io credo sia molto più affascinante: fino alla fine del terzo atto Luke non completa il suo arco narrativo ma deve risolvere altri problemi psicologici dopo che gli è crollato il mondo addosso, per diventare la miglior versione di sé stesso.
Luke e il party sono contrapposti agli Oracle Knights, compreso Asch, per la loro capacità di cambiare, per aver superato i loro traumi, un passo alla volta.

Ma la contrapposizione più importante e l'insegnamento più a me caro di questo gioco è quella che riguarda l'interpretazione del sacrificio. A scapito poi di un piano di cui, onestamente, trovo un po' di fallacie logiche, la contrapposizione sottile e fortemente tematica tra Van e il party è quella che vede il sacrificio come massimo atto eroico contro invece la volontà di vivere sbagliando e cercando un modo, lottando.

La miglior celebrazione della vita è vivere.

Space Channel 5 è esattamente il concentrato di euforia musicale che mi aveva già trasmesso Rez Infinite, il che non è così sorprendente considerando arrivano entrambi dalle idee di Tetsuya Mizuguchi.

Space Channel 5 è un musical interattivo, il gioco più funky che abbia mai giocato e un gioco che non mi vergogno a dire ho completato ballando male per tutto il tempo; perché così come per Rez Infinite ho abbandonato i miei sensi alla trance per godermelo al 100%, qui ho abbandonato il mio corpo al ritmo, anche al fine del gameplay!

Mi è piaciuto molto come, a differenza della maggior parte dei rhythm game, che sono supportati da un'interfaccia grafica, Space Channel 5 mi abbia lasciato affidarmi unicamente alla mia capacità di tenere il tempo, aiutata appunto dal non stare fermo davanti allo schermo.
Space Channel 5 non è nemmeno particolarmente gentile dal punto di vista della difficoltà, soprattutto se si vogliono raggiungere percentuali di indice d'ascolto alte. In particolare il boss finale è un mezzo palo nel culo. Ma almeno è stato soddisfacente vedere il non-ironicamente epico finale.

Oltre a questo, Space Channel 5 ha anche tantissimo carattere e personaggi con un sacco di carisma che bucano lo schermo nonostante l'ora e mezza scarsa di gameplay. Ulala è veramente iconica e le animazioni dei dance break spettacolari, gli alieni mi ricordano qualcosa e l'atmosfera è assurda, talvolta assurdamente comica (io ho sicuramente riso al "they got Space M**).

Amando quindi "music, dance and game" (come riporta la dedica a fine titoli di coda) ho amato Space Channel 5, un'esperienza unica, seppur breve (anche includendo le sfide extra possibili); uno dei titoli che eleva questa forma d'arte, ampliando lo spettro delle emozioni e delle sensazioni che può trasmettere.