In un gioco così piccolo e apparentemente semplice, la quantità di azioni eseguibili e di intrecci attivabili è notevole. Non è mai frustrante grazie alla rapidità della singola run e alla possibilità di automatizzare le scelte (che possono essere identiche a quelle fatte durante la run immediatamente precedente) fino al punto desiderato, così da poter poi prendere un'altra strada e svolgere azioni differenti. Ciascuno dei personaggi ha una propria identità e sono tutti unici e distinguibili l'uno dall'altro sia per scrittura che per character design, oltre che per abitudini (ciascuno, comunque, svolgerà sempre le medesime azioni e non vi sarà spazio per variazioni). Numerose le possibilità che portano all'interrogatorio d'epilogo.


2021

Simpatico, ma calmiamoci tutti.

Ben scritto, ma rudimentale e poco interessante sotto ogni altro aspetto: le azioni eseguibili per indagare ciò che si trova nelle proprie immediate vicinanze sono pochissime tanto quanto le interazioni possibili; la possibilità di accedere a mail, log di dialogo, codex e altre informazioni attraverso il cellulare è un'ottima idea che purtroppo è sfruttata al minimo in quanto il gioco stesso ti permette di ottenere pochissime informazioni su ciò che contiene; la pixel art è dai colori troppo smorti per i miei gusti e il character design è praticamente inesistente visto che si è scelto di rendere tutti i personaggi difficilmente distinguibili gli uni dagli altri; molto buona la resa dei singoli personaggi e il loro doppiaggio, ma a conti fatti le frasi doppiate sono molto poche; buon uso delle luci e delle animazioni, ma non riescono a salvare gli ambienti dall'apparire vuoti e statici. Carine, piuttosto, alcuni dei momenti di maggiore tensione, rafforzati dall'uso della colonna sonora e da inquadrature ben ragionate in termini di animazione minimale e illuminazione.

Peggiore scrittura dei dialoghi mai vista, e pixel hunting atroce e a livelli che non penso potranno mai essere ripetuti.

Presenti due particolarità: inventario organizzato non per box individuali, nel quale è possibile disporre a proprio piacimento gli oggetti raccolti ; un'azione per osservare la zona su cui è posizionato il puntatore, per osservare da vicino determinati dettagli (e fondamentale, in certi casi, per il pixel hunting, se pur sapere che ci sono posti specifici in cui bisogna guardare rasenta l'impossibile).

Noia assoluta. Platforming banalissimo e curiosità mai stimolata.

Visivamente gradevole. I puzzle non hanno un design particolarmente complesso, e a parte questi non ci sono altri motivi per cui possa valere la pena provare questo titolo.

Finisce col diventare un idle game, il che è un peccato. Purtroppo diventa eccessivamente monotono, e il fatto che il movimento sia a scorrimento laterale non aiuta per rendere le partite più piacevoli vista tutta la raccolta che occorre fare. Inoltre, è distribuito su due piani: superficie dell'acqua e terraferma. Se ci si trova su una delle due, non si può in nessun modo raccogliere il materiale maturato sull'altra. Arrivati a un certo punto, dicevo, diventa praticamente un idle game in quanto è possibile assegnare a dei capibara la funzione di raccolta, ma solo dei materiali in acqua: quelli generati sulla terraferma andrebbero comunque raccolti da sé (almeno fino agli ultimi momenti di gioco, in cui si può assegnare questo compito a dei kea), e visto che si tratta di un piano neanche uniforme ma spaccato in isolotti diventa ancora più una rottura di cazzo. I palloncini per attraversarli velocemente sarebbe stato meglio averli da subito, non verso la fine quando, proprio per via del farming attraverso i capibara, diventano abbastanza inutili.

Il gameplay, notevolmente scarno, è del tutto sacrificato alla narrazione e alla veste grafica del gioco (che su stessa ammissione degli sviluppatori trae ispirazione dalle tavole di Trondheim - per certe isole e fondali in esterno in particolare, Hergé, Mœbius - per le sezioni oniriche, e dei Kerascoët - per l'uso dei colori e per il design dei personaggi). Il platforming è ridotto all'osso e banalizzato anche dall'uso dello stesso cue visivo (della sbroda) per ogni piattaforma su cui ci si può arrampicare, l'esplorazione è inesistente dato che ogni mappa è estremamente lineare e il giocatore non viene gratificato con la scoperta di qualcosa di nuovo o anche solo parzialmente nascosto. Non sarebbe assolutamente un problema, se la narrazione valesse l'intera esperienza. Così non è, penso. La storia è comunque interessante, trattando un breve racconto a tema fantastico in cui molta attenzione è dedicata alla biografia della protagonista (in ogni sezione è possibile collezionare dozzine di ricordi legati a un particolare ambiente o un particolare oggetto) e alle sue relazioni con gli altri personaggi presenti (sue amicizie e suoi parenti). Purtroppo, le potenzialità del medium non sono quasi mai sfruttate dagli sviluppatori: l'unica occasione colta è quella di accedere a determinati ricordi e di ricostruire individualmente la biografia della protagonista. Allo stesso tempo, questi stessi ricordi sono tutti facilmente accessibili e quasi nessuno di essi è realizzato in maniera tale da rendere ogni possibile ricostruzione differente da quella di un'altra persona: anche qui, la scoperta non è gratifacata né presente, e l'esperienza dei giocatori e tra giocatori sarà sempre identica. banalmente, il racconto così presentato sarebbe forse risultato più interessante sotto forma di fumetto o cortometraggio animato.

In più, quelle fonti luminose da evitare per far sì che i pochi e monotoni puzzle presenti non vengano resettati sono più o meno come le occasioni di platforming in Doom al di fuori delle battaglie: inutili rotture di cazzo elementari che non aggiungono nulla all'esperienza di gioco.

Peccato solo che le istruzioni siano raccontate, finendo col rompere la quarta parete. Per il resto, Lobanov è riuscito a realizzare un altro ottimo gioco (senza nulla togliere a tutti gli altri collaboratori, in particolare a Lena Raine). Il game design riprende, su ammissione di Lobanov, Animal Crossing e Zelda. Quest'ultimo già dalla scelta per il nome, anche se va riconosciuto che la prima release del primo Zelda era, invece, titolata Hyrule Fantasy. Inoltre, Lobanov ha ripetuto una parte del concept alla base di Wandersong, nel quale il protagonista non è (inizialmente) l'eroe del gioco ma un secondario: ugualmente, in Chicory l'eroe omonimo non è (inizialmente) il personaggio giocante.

Buona la varietà dei personaggi, che non si contraddistinguono per una qualità della scrittura ma sono realizzati in modo tale da rendere il gioco vivo e attivo (in particolare nelle città, e anche attraverso alcuni altri espedienti implementati dagli sviluppatori che portano certi personaggi a visitare luoghi presso cui non si trovavano precedentemente).

Ottima l'idea di rendere l'intera schermata di gioco una sorta di tela con cui interagire attraverso il disegno e la pittura. Un peccato, a questo proposito, che gli strumenti si limitino al solo pennello e che non esista una vera e propria reattività da parte del mondo di gioco: colorare in autonomia certi oggetti, l'ambiente, le pareti degli edifici o il volto e i vestiti degli NPC non porterà a nessuna reazione da parte di questi ultimi. Le uniche eccezioni si hanno in un paio di occasioni in cui alcuni NPC chiederanno al giocatore di ridipingere la propria abitazione, o le proprie insegne per attirare nuovi clienti: le reazioni in questi casi (in tutto tre o quattro) sono molto semplici e obbligate. C'è però un caso particolare e interessante, in un contesto molto specifico: è possibile partecipare a una lezione di arte, durante la quale il docente chiederà al giocatore di dipingere su una tela vera e propria. A seconda della scelta dei colori da utilizzare e del mondo in cui si utilizzeranno gli spazi sulla tela, il giocatore avrà giudizi diversi da parte del docente-critico d'arte.

Strana la scelta di inserire una breve sezione che si rifà ai Rhythm game, in modo anche molto superficiale (per quanto ben si adatti ai toni di quella parte del gioco).

E c'è un corvo socialista.

Molto tranquillo. Strana la scelta di inserire delle breve sezioni di intermezzo che sembrerebbero voler insegnare al giocatore come utilizzare alcune delle piattaforme in gioco: a quel punto, si sarà già appreso autonomamente l'utilità di quelle stesse piattaforme in quanto sono già collocate nei livelli precedenti.

Mi pare chiaro che non sono io il target di questo gioco. Comunque, anche al netto di questo, è piuttosto bruttino già solo considerando il design delle creature.

Per i più piccoli, però, può essere un gioco carino e il basso costo ne può giustificare la spesa.

Uno dei quei pochi casi in cui sinceramente non so assolutamente come valutare.

Chiaramente ispirato a Papers, please in termini di istruzioni e concept. Differisce completamente sotto ogni altro aspetto.
Il game design è diametralmente opposto: sono presenti dei mini giochi da completare entro un certo limite temporale (come in Papers, please, dopotutto) ma il livello di difficoltà dipende anche dagli acquisti fatti dal giocatore. Se in PP la burocrazia diventa più complessa col passare dei giorni, in questo caso è il giocatore che, invece, può semplificarsi la vita spendendo una parte delle risorse guadagnate per acquistare macchinari più adatti per risolvere più rapidamente specifici casi. Inoltre, è possibile riavviare il gioco da un giorno qualsiasi di quelli fino a quel momento ultimati: ciò, da un lato, può ridurre il livello di sfida ma è anche e senza dubbio un ottimo modo per non costringere il giocatore a rivisitare l'interezza di una partita per effettuare scelte differenti, seguire condotte diverse e accedere a un altro dei finali (in tutto 9).

Visivamente è molto affascinante e, seppur l'interfaccia di gioco appaia colma di informazioni, è tutto perfettamente leggibile e navigabile.

Ottima la OST, anche se breve: dopo un po' rischia di divenire monotona.

Ottimamente scritti tutti i personaggi: se in PP c'erano 33 volti pre-confenzionati con caratteri fenotipici (naso, occhi, etc.) riassemblabili dal gioco in modo casuale, per Mind scanners sono stati realizzati più di 50 personaggi con una specifica identità, una specifica biografia e delle specifiche peculiarità. Difficilmente si potranno affrontare tutti nel corso di una singola partita.

Buona la gestione delle risorse (monetarie e temporali), richiedendo un minimo di capacità gestionale: non è facile trovarsi in grosse difficoltà, ma è anche vero che il gioco non permetterà quasi mai di accumulare una quantità di risorse troppo alta.

Ottima l'idea di implementare un sistema di stress e di personalità per ciascun personaggio, dando più senso alla possibilità di scegliere come agire: se curare in maniera coatta, se farlo preservando le caratteristiche personologiche dei pazienti o se dichiararli direttamente sani; lo stress complica il tutto, richiedendo al contempo un certo livello coinvolgimento in termini di precisione e di attenzione. Una nota negativa in questo caso è che qualora si dovesse scegliere di agire in modo negativo, e quindi di curare senza preservare i tratti personologici dei pazienti (quindi schierandosi dalla parte dei governanti della città) non ci saranno veri e propri malus a parte uno o due eventi incidentali: un maggior numero di cosneguenze in questo caso avrebbe giovato. Perseguire una condotta troppo bonaria (dichiarare sani troppi pazienti) o comunque positiva (preservare i caratteri personologici dei pazienti pur curandoli) permette invece di subire un maggior numero di conseguenze, sia positive (ringraziamenti e ricompense da parte dei pazienti stessi) che negative (es.: una persona dichiarata erroneamente sana più dar luogo a omicidi). Altra nota negativa è che difficilmente si sentirà la necessità di dichiarare sano un personaggio: soprattutto per mancata convenienza sul piano monetario (curare un paziente permette di ottenere 15 monete, dichiararlo sano 3; così facendo si possono evitare i rischi del processo di cura, e quindi di perdere tempo prezioso o di stressarlo eccessivamente, ma penso che queste siano eventualità abbastanza rare). Quantomeno, non sarà sempre facile capire chi può considerarsi effettivamente sano e chi no.