Avventura criptica relativamente breve con un mondo in miniatura da esplorare.

La caratteristica speciale di "Storyseeker" è che si inizia a esplorare in un normalissimo prato e, come da titolo, la propria curiosità porta ad avanzare e a fare delle scoperte che permettano di comprendere il mondo in cui ci si trova. In quello stesso prato si vedranno, per esempio, dei tracciati per terra tramutarsi in un gigantesco serpente, in grado di parlare; il giocatore può scegliere se continuare a seguire quella direzione, guidato dalla propria curiosità, per scoprire se ci sono informazioni su questa creatura, su ciò che rappresenta, sul suo ruolo. Lo stesso avviene trovando una impronta colossale, una macchia violacea per terra, quella che sembra essre una barriera magica, una calotta ghiacciata sperduta in acqua, donnole che si allontanano a nuoto da un'isola. Ciascuna di queste cose ha una possibile origine e una possibile fine, ciascuna di queste cose mostra e parla di altri elementi presenti in diverse zone del mondo. Anche tutto questo diventa una possibilità per il giocatore, si può nutrire la speranza di ampliare progressivamente ciò che si conosce e di comprendere ciò che lo circonda

Il tempo è come se si muovesse in modo lineare e si fosse cristallizzato, per cui è possibile rintracciare gli stessi personaggi in posizioni diverse e di poco precedenti. Ogni cosa è posizionata in maniera tale da permettere un'interpretazione locale che si inserisca all'interno di un'interpretazione globale, un racconto di eventi tra loro intrecciati. Viene lasciata la possibilità di concludere la partita quando si vuole, a propria discrezione; "Storyseeker" ha una finalità di sorta e prevede la possibilità di trovare degli obelischi che permetterebbero poi l'accesso a un'area altrimenti chiusa ma rimane una scelta che viene lasciata consapevolmente in mano al giocatore

Ultima precisazione: di questo mondo si può essere solo spettatori. Qualche volta i suoi abitanti si rivolgeranno al protagonista e sembreranno reagire alla sua presenza, ma non è possibile far altro se non guardare e leggere. Se da un lato restituisce un forte senso di distacco, a un certo punto la responsabilità della non-azione può assumere una certa importanza

Inizio a pensare che le persone mettano voti entusiasti a molti giochi perché non accettano di aver speso soldi per qualcosa che non hanno pienamente apprezzato

Scherzo, il mondo è bello perché è vario

Anomaly Agent, però, non è vario per un cazzo. Un mix tra il platformer e il beat 'em up, il gioco in sé non è proprio problematico sotto nessun profilo. La sostanza delle mie considerazioni è proprio lì: tutti i sistemi inclusi, dal platforming alle combo, dai dialoghi al sistema di progressione sono talmente superficiali che proprio non riesco a capire il clamore attorno a 'sta roba. Giusto verso la conclusione ha iniziato a interessarmi un po'

Si tratta di un gioco dagli elementi basilari che, tuttavia, ritengo portare avanti un concettuo affascinante - guarda caso, ancora una volta si parla di immaginazione ed esplorazione. Lo sviluppatore Leonard Richardson venne introdotto sin da giovanissimo al mondo dei videogiochi con l'acquisto di una Intellivision nel 1981 e da allora ha deciso di essere un collega, un gamer

La particolarità di questo esperimento è molto semplice ed è stata espressa in una serie di interviste. Ispirandosi pienamente a Rogue e Nethack (quest'ultimo in particolare), decise di realizzare un gioco che potesse presentare un personaggio non violento (il robot del titolo) che si concedesse alla scoperta e ammirasse gli elementi attorno a esso. Graficamente utilizza il set di caratteri ASCII, per cui ogni personaggio e oggetti presenti sono semplicemente rappresentati attraverso simboli alfanumerici e speciali; ispezionando un simbolo qualsiasi presente a schermo, questi restituisce una riga di testo da parte del robot protagonista atta a descrivere quanto da esso percepito. Ispezionando un "<" si ha davanti l'esoscheletro di un artropode, un "?" rappresenta un matematico alle prese con una macchina di Turing, una "L" centomila fibre di un tappeto, un "4" una trappola per topi con al centro una barretta di sapone. Si tratta sempre e comunque di situazioni, personaggi, oggetti molto fantasiosi e bizzarri che danno spazio all'immaginazione del fruitore del programma: l'autore li identifica come Non-Kitten Items (NKIs)

Certo, richiede uno sforzo significativo e magari fanciullesco ma rimane un approccio interessante al modello rogue-like che parrebbe avvicinarsi parecchio a ciò che oggi definiremmo un walking simulator nella sua capacità di traslare il valore del gioco quasi nella sola esplorazione (e ciò che a questa si collega)

Trovando il gattino (come da titolo), il gioco conclude ed è possibile ricominciare con un riposizionamento di tutti gli elementi

Altra cosa interessante è che questo gioco è stato portato un po' ovunque, su qualsiasi sistema: si può tanto giocare su browser quanto su cellulare

Prima o poi voglio approfondire il legame che c'è tra la mitologia Lovecraftiana e i media giapponesi, per capire un po' da dove è partita questa popolarità

Anche questo horror, come "Clock Tower", attinge dalla letteratura del cosiddetto Circolo di Lovecraft e dei Miti di Cthulhu. Questa volta, però, i riferimenti sono anche molto più frequenti: nel mezzo del rituale per evocare antiche divinità appaiono più volte i segugi di Tindalos, gli Abitatori del profondo, gli Shogoth, etc. Questo è forse uno degli elementi più deboli del gioco, specialmente se messo in relazione all'efficacia dell'atmosfera: tutte le creature incluse (mi pare 5 o 6) hanno un aspetto fin troppo posticcio, financo ridicolo. Producono un miglior effetto gli umani posseduti, probabilmente

Con "Clock Tower" condivide parecchio altro, e in effetti non sarebbe troppo difficile rintracciarne delle influenze. Il gioco si svolge, tuttavia, completamente in prima persona: in questo modo l'esperienza offerta è più intensa, obbligando il giocatore (classicamente, diremmo oggi) a muoversi liberamente nello spazio, a spostare il proprio campo visivo nel tentativo di individuare fonti di pericolo o oggetti/personaggi di interesse, a trovare un nascondiglio. Una cosa in particolare che lo accomuna a "Clock Tower" è il fatto che, in vista di un aggressore, si perde il controllo del proprio personaggio che inizia a correre verso la stanza più vicina; una volta chiusosi dentro, appare a schermo un'icona che indica il tempo che manca all'aggressore per raggiungere il giocatore. In CT, in effetti, erano presenti oggetti con cui era possibile interagire in un certo modo unicamente quando si era inseguiti (es.: nascondersi sotto un letto), impedendo di premeditare con precisione cosa si sarebbe potuto fare in caso di evenienza. In questo caso accade la medesima cosa, aggiungendo le peculiarità della prima persona: si può osservare la creatura attraverso un'apertura, uno spioncino, mentre tenta di trovare il protagonista. L'elemento ansiogeno viene però meno dopo un paio di volte: trovare i punti in cui è possibile nascondersi è facile, fin troppo intuitivo; poter sapere con precisione quanto tempo manca all'arrivo in stanza della creatura è da una parte generoso e dall'altra implementato in modo molto grezzo

All'inizio può essere un po' complicato capire com'è possibile procedere. Ci si risveglia all'interno dell'edificio scolastico ove si svolgono tutti gli eventi e si apprende che, in qualità di studenti, siam rimasti lì di sera con altri compagni di classe e un paio di insegnanti per allestire le aulee per una roba. Tutti loro sono distribuiti tra le varie aulee e nei corridoi, e rintracciarli è un po' una rottura di coglioni e confusionario. I movimenti sono un po' troppo lenti nonostante la corsa, a causa soprattutto del fatto che per girare la testa verso una direzione ci vogliono anche 3-4 secondi. Questo è purtroppo anche un problema derivato dalla PSX stessa, e per questo ringrazio che "Resident Evil" non sia stato fatto in prima persona come avrebbero voluto. A proposito, una nota di merito la faccio riguardo il sound design del menù: è una piccolezza ma anticipa lo stile di "Resident Evil" stesso, occorrerà capire se ci sono casi precedenti e quali

Il gioco spinge a esplorare e una cosa interessante in relazione a ciò, che pure deriva probabilmente dall'esperienza di CT, è che a seconda delle persone con cui si tende a dialogare e dei luoghi che si tende a visitare si intraprende un percorso narrativo diverso che conclude, quindi, in uno di tre finali possibili. Anche stavolta abbiamo una certa tendenza alla libertà d'azione lasciata in mano al giocatore, ma stavolta è davvero solo apparente. Ho già menzionato poco fa le sequenze di fuga scriptate, durante le quali è pressoché impossibile morire o commettere un errore in quanto non si ha veramente una scelta per il nascondersi: il nascondiglio, oltre a essere subito individuabile, offre una protezione perfetta. In CT, almeno, c'erano condizioni in cui - apprezzabile o meno che fosse - si poteva essere comunque individuati, tenendo viva la tensione. Certo, in "Iru!" non si ha modo di saperlo nel corso della prima partita ma c'è secondo me un problema: mentre l'aggressore tenta di trovare il personaggio, la telecamera assume un secondo punto di vista esterno, mostrando la creatura in questione spostarsi quasi a caso all'interno della stanza

Inoltre, la libertà di "Iru" si traduce in un eccessivo backtracking: è necessario riesplorare diverse stanze in virtù del fatto che vi si possono trovare nuovi oggetti e ritrovare certi personaggi, spesso senza che ci sia alcun indizio a suggerirlo. Personalmente, non è necessariamente un problema dato che una delle cose che più amo fare in un gioco è esplorare; tuttavia, qui c'è il demerito che gli ambienti sono sempre identici, se si ha un minimo background su Lovecraft si riesce a comprendere il mistero già nella prima mezz'ora e nessuno dei personaggi è scritto in una maniera tale da risultare interessante né nelle loro azioni né nei dialoghi. Anzi, potrebbe tranquillamente essere uno di quei OVA giapponesi horror di scarsa qualità generale, dove c'è un maggiore focus su gore e il body horror rispetto a tutto il resto

Includo anche il fatto che, in mezzo ai corridoi, vengono piazzati degli abomini che bloccano il passaggio: non sono in grado di danneggiarci dato che il gioco impedisce di avvicinarcisi troppo, ma obbligano il giocatore a esplorare uno spazio limitato della scuola, da un lato permettendogli di focalizzare la propria attenzione su un minore quantitativo di aulee, progredendo gradualmente

Almeno, atmosfericamente funziona e l'ambiente riesce a essere effettivamente tetro: un merito artistico non da poco, considerato il budget a quanto pare basso e la ripetitività delle azioni da compiere. Un occhio di riguardo va concesso alla draw distance molto breve per il caricamento di oggetti ambienti. Si sa come per i giochi PSX si sia ricorso a più stratagemmi diegetici per limitare il numero di caricamenti e ritardarli (es.: la classica nebbia di Silent Hill): in questo caso, banalmente va via la luce elettrica e si rimane al buio per quasi tutto il tempo, limitando notevolmente l'estensione del campo visivo. I corridoi scolastici ricordano un po' il trend contemporaneo degli spazi liminali, pur non potendovi pienamente aderire. Il fatto che le creature difficilmente possano agguantarti e ucciderti, tuttavia, fa calare la tensione ben più che in un gioco come "Clock Tower". Per fortuna le varie fasi esplorative e di dialogo hanno almeno un accompagnamento musicale ben realizzato

Aggiungo alle mie considerazioni questo affascinante frammento di Blue Bidya

Esperienza interessante, rilevante per dimensione storico-culturale ma un po' una palla al cazzo a giocarlo

Fa parte di una trilogia di titoli tra loro scollegati chiamata "Cinematic Live" (シネマティックライブシリーズ), con l'ambizione di proporre in forma videoludica un'esperienza prossima a quella del cinema. Trae forte ispirazione prima dalla letteratura Lovecraftiana e, in corso d'opera, dalla filmografia di Dario Argento, "Phenomena" in particolare: l'artwork della protagonista è identico a Jennifer Corvino, la colonna sonora riprende lo stile delle OST dei Goblin, etc.

L'esperienza ludica che se ne trae è nuova per l'anno di uscita; fino a quell'anno, nelle varie declinazioni del gioco horror venivano integrati sistemi di combattimento tali da rendere il protagonista capace di usare armi contro i propri aggressori, anche in quei casi in cui si impersonava un individuo relativamente ordinario (e.g.: "Alone in the Dark")

Al contrario, stavolta si è alle prese con una protagonista che si affatica e incespica, che ha bisogno di riposarsi per ripristinare la propria energia fisica, che si inpanica e che non è in grado di ferire i propri aggressori (ok non proprio ma spoiler): si può dire il capostipite di una certa quantità di horror psicologici, dai Silent Hill ad Amnesia

Il level design è abbastanza complesso, la magione è enorme e include numerose stanze con all'interno una certa quantità di oggetti con cui interagire. Tra le cose particolarmente interessanti ci sono un parametro di panico, rappresentato dal proprio avatar su uno sfondo colorato (il colore cambia in base al panico, ergo alla quantità di eventi spaventosi di cui la protagonista è spettatrice), e il fatto che si tratti di un gioco particolarmente aperto: è possibile recarsi in certe parti dell'abitazione prima di altre, a propria discrezione; questa libertà di scelta si riflette anche sulla tipologia di sequenze attivate (es.: andando prima nel bagno, si troverà il cadavere della propria amica; proseguendo senza entrarvi, invece, si vede l'assassino fiondarsi dall'alto buttando di sotto anche una delle vittime). A questo segue anche la possibilità di accedere a otto possibili finali, in base anche alla quantità di cose scoperte durante l'esplorazione

Edit: riconsiderazione fondamentale. Prima ho parlato di un parametro di panico, basandomi su alcuni articoli e sul fatto che il colore dietro l'avatar viene effettivamente alterato da eventi spaventosi (e.g.: la protagonista vede un dipinto che inizia a sanguinare).
Invece, leggendo anche il manuale del gioco originale, si parla più precisamente di forza fisica (体力), o stamina

Inizialmente avevo formulato una lamentela riferita ai movimenti parecchio lenti della protagonista, trovando quindi scorretto l'aumentare il livello di panico a causa della corsa. Prendo atto del mio errore, che però trova anche riscontro effettivo in un utilizzo ambiguo dell'HUD. Vero è che il colore dietro l'avatar indica ufficialmente la stamina; tuttavia, in presenza di un pericolo mortale (e.g.: un confronto con il killer), lo sfondo lampeggia in modo insistente. In questo caso, si entra in quella che viene definita "panic mode": il giocatore deve fare button mash per aumentare le proprie probabilità di successo nella fuga. Oggi siamo abituati a interpretare il button mash in un'ottica negativa, anche a causa del fatto che spesso e volentieri appare in concomitanza un prompt visivo; la sua inclusione in "Clock Tower", invece, funziona sempre in virtù del fatto che gli sviluppatori vollero fare in modo di mantenere costantemente un certo grado di tensione. Quella che potremmo definire una sorta di cut-scene non deve essere un momento di rilassamento da parte del giocatore, che si limita a essere spettatore: al contrario, deve rimanere coinvolto e sempre pronto a confrontare gli elementi di pericolo. Queste idee vennero poi riprese da altri sviluppatori (es.: il Team Silent per "Silent Hill")

In un modo sintetico, si sfrutta l'HUD per integrare due sistemi diversi e che dipendono l'un l'altro. La mia confusione deriva proprio dal fatto che non sono stato in grado di intuirlo, mentre sul manuale viene spiegato in modo esaustivo

La lentezza, per quanto io l'abbia trovata spesso tediosa ed eccessiva, ha comunque un proprio senso nella dimensione delle idee di game design, level design e sound design (tutto design): l'essere obbligati a spostarsi lentamente tra corridoi tetri ha sicuramente una buona giustificazione, amplificando sensazioni di inquietudine attraverso suoni diegetici (es.: a un certo punto c'è il suono di un telefono che squilla) e potendo sapere solo all'ultimo momento quand'è che l'assassino è nelle nostre vicinanze (lo segnala lo sferragliare delle forbici che impugna)

Avventura slice of life molto breve in un'ambientazione fantasy, ne hanno fatto una piccola serie che ne espande l'universo narrativo. C'è effettivamente un carotone

2009

Decent puzzle-platformer with many pretty scenarios. Puzzle wise is not really complicated since most of the many stages could theoretically be completed just by using the warrior and trying to be careful while jumping around the place. The thief I think is a pretty weak choice, I basically never found necessary to use the grappling hook. I saw other people saying that the wizard is kind of useless but I think it's the actual opposite: he is totally OP, since you could smash any kind of enemy by pushing boxes against them and manipulating objects doesn't require any mana. Also, it doesn't really matter since it can be found literally everywhere so that you can replenish your wise belly anytime

Il lago non è Duria

L'idea di per sé è buona, si prende certe libertà riguardo le basi di Silent Hill e le cala nelle interpretazioni moderne di horror psicologico. Anche la ricostruzione del palazzone ecomostro tedesco è ben fatta, viva le atmosfere di Gesù Cristo. Certo, c'è una sezione in particolare che più che ispirarsi alla demo di Silent Hills ne fa proprio una rapina, ma questo fatto voglio volutamente ignorarlo.

Il problema che ho con questo gioco è quasi lo stesso che ho con quanto si è potuto vedere fino a oggi del remake del secondo capitolo: tutto è sottile come un macigno. Cominciamo col dire che, pur trattandosi di uno spin-off, viene spiattellato come Silent Hill sia diventata una sindrome psicologica: diventa così la giustificazione per portarne gli orrori fuori dai confini della città americana rinunciando ai fattori storici, alla mitologia e ai riti

Il mondo interiore della protagonista straripa e fluisce all'esterno, un po' come accade in SH2; e proprio come in SH2 c'è il senso di colpa e c'è l'espediente della smemorella, portando la protagonista a dover riscoprire il motivo per cui si trova in quel purgatorio. C'è un momento in particolare all'interno della scuola che riesce a essere molto affascinante e a fare una buona rappresentazione del senso di emarginazione e del bullismo. Il problema tematico è che, forse, c'è fin troppo poco che si leghi simbolicamente al suo senso di colpa, l'approfondimento è assente e buona parte degli ambienti introdotti racconta tutto in modo fin troppo chiaro: buona parte di ciò che ci si trova a (ri)vivere è legato alle effettive angherie subite dalla vittima; la creatura di Ito ha genesi da un secondo sub-plot, deriva dall'infanzia della protagonista, quasi un parallelo dell'Abstract Daddy di Angela Orosco

Questo non è necessariamente un problema, una semplificazione atta a riproporre e rimodellare le possibilità offerte dalla serie è anche accettabile per un gioco di un paio d'ore. Purtroppo, però, vuoi anche a causa di questa stessa brevità, è tutto condensato in modo talmente fitto che si finisce col raccontare fin troppo in quel poco tempo; e per farlo, ovviamente, occorre essere fortemente espliciti e annegare il senso di riscoperta della protagonista

Poi, con tutto il bene per Masahiro Ito (la nuova creatura che ha progettato per questo capitolo è molto bella), a livello di game design e level design sostengo tranquillamente che le sequenze di fuga in stile Outlast (come anche anche nello stile di parecchi altri horror psicologici usciti successivamente) non funziona. Specialmente se costringi a farlo almeno 3 volte nel corso dell'intera partita. Accettabile la possibilità di guardarsi alle spalle con un tasto, ma rimane il fatto che sta tutto nel correre all'interno di corridoi stretti che rimandano a SH1; un espediente molto economico per prolungare l'esperienza, banalizzando le potenzialità dei climax

Anche la conclusione, purtroppo, è un po' alla buona, alla Carlona, alla pappardella, una boutade

Edit: avevano tanti modi per integrare in modo nuovo e interessante il telefono cellulare in una storia simile, ma hanno deliberatamente scelto di percorrere quello più banale. E le sequenze live action le ho trovate proprio un'idea ciofeca. La butto lì: potrebbero veicolare la sensazione che quella della vittima fosse una bellezza autentica e concreta, o potrebbero indicare come i ricordi che la riguardano siano molto vividi nella mente della protagonista. In ogni caso, mi fa cacare

L'unica rottura di cazzo è il modo in cui gli NPC insistono nel farti fare i tutorial nelle primissime ore di gioco. Per il resto, è tutto molto bello

Il mio odio per questa roba è anche un atto d'amore verso il mondo

Simpatico, c'è una buona varietà di modalità di gioco e il combat system è semplice ma funziona parecchio bene. Purtroppo in single player mi sa che perde molto, alcune modalità alle difficoltà più elevate le ho trovate ingiocabili

Un FPS con delle buone idee che prende a modello un po' l'esperienza di Doom Eternal, tra platforming e utilizzo delle armi a propria disposizione. Tuttavia, causa qualità del level design a mio parere molto mediocre e l'eccessiva facilità, non vale tanto la pena giocarlo

Il gioco è senza dubbio interessante, sia come sequel che come titolo a sé. Devo dire che la prima oretta l'ho vissuta con una certa noia, ipotizzo per via del fatto che i personaggi presenti sono solo due (tre se includiamo la ragazza dall'altra parte de walkie-tolkie) e che i loro scambi e dialoghi mentre si va da un punto A ad un punto B non mi hanno catturato. Dalla terza ora di gioco, però, ho iniziato a trovare il tutto generalmente più gradevole: certi NPC si sono aggiunti alla corte di personaggi con cui interagire, la storia si è un po' infittita e il mistero alla base del gioco ha ricevuto alcuni twist inattesi. Purtroppo, i momenti più intensi del gioco non bastano a farmi apprezzare quelli più tranquilli: il tutto è tematicamente ben solido, assolutamente; il filo conduttore della storia personale e del conflitto intergenerazionale è sempre presente, il fatalismo grava sulla testa di più o meno tutti i personaggi, costretti a fare i conti con eventi spiacevoli sia del passato che del futuro. Tuttavia, stavolta non mi piace come questo finisce col coniugarsi con gli aspetti più inquietanti della storia, con la sua conclusione e con l'utilizzo della radiolina portatile

Su Dark Souls c'è un monte di cose da dire, ogni sua parte merita di essere approfondita nella propria singolarità e nella creazione dell'insieme

La cosa più interessante da raccontare è, a mio avviso, quello che potrebbe essere considerato il concetto principale su cui si regge l'intera trilogia da un punto di vista tanto narrativo quanto di gameplay: l'arroganza che tenta di superare l'ordine naturale delle cose, fino a diventare un'ossessione in grado di consumare sé stessi e gli altri

Tracce di ciò si intravedono su un piano concettuale sin dall'introduzione, all'interno del filmato che racconta la cosmogonia del mondo e il giungere agli eventi correnti. Seath è eternamente consumato dai suoi studi e dalla brama di potere, di ottenere l'immortalità dei suoi conspecifici; Gwyn tenta di prolungare la durata della Fiamma oltre il suo naturale ciclo vitale, ardendo il proprio stesso corpo nelle sue lingue di fuoco nella speranza che un frammento della sua Anima di lord potesse bastare a guadagnare tempo - e questo ha ripercussioni sui suoi stessi guerrieri, a loro volta consumati da questo sacrificio, ingolfati dalle fiamme; la Strega di Izalith tenta di creare con le proprie mani una seconda Prima Fiamma, con personali motivazioni, per creare nuova vita, e questo causa la distruzione del proprio regno, la comparsa della progenie dei Demoni (aberrazioni degli abitanti di Izalith) e la fusione del proprio stesso corpo con quello di almeno due figlie del Chaos. Ci sarebbe poi Nito, un caso molto particolare; primo morto e incarnazione del senso di disparità tra vita e morte, i suoi scopi non sono meno grandiosi degli altri Lord dato che intende espandere il proprio regno di Morte, parallelamente ad Anor Londo - sotto i cui piedi sprofonda e si erge al contempo, grazie a un qualche accordo con Gwyn. Anch'egli, però, nella complessità del caso è preda delle sue ambizioni: è il solo che non ha discepoli o una famiglia che lo supporti nel proprio regnare: per questo motivo, il Primo Morto decide di crearsela attraverso gli innumerevoli morti che passano sotto le sue scheletriche mani. I suoi necromanti, i Pinwheel, sono un curioso amalgama di un nucleo familiare; in diverse stanze prima di giungere alla sua camera sono presenti molti scheletri animati di infanti; i caratteri giapponesi della sua covenant rimandano al concetto di "famiglia"

In un modo più sottile e probabilmente indisdurbato, Nito stesso prova a contrastare l'ordine naturale degli eventi, a emulare gli altri Lord (basti considerare che i suoi Miracoli non hanno requisiti particolari per poter essere utilizzati), a evitare di essere un solitario portatore di morte - atteggiamento magari tradito dalle sue stesse fattezze, in quanto amalgama di scheletri differenti

Il tema dell'ossessione e della disfatta sono, certamente, presenti ben oltre questi concept: ne è pervaso il corteo di personaggi secondari (es.: Logan, il Pinwheel che ha rubato il Rite of Kindling, Manus), e anche la sola ambizione evolve in ossessione stessa (es.: Solaire)

Questo concetto si introduce prepotentemente nel gameplay, diventandone parte integrante: la Maledizione e lo stato di Vuotezza hanno un impatto sulle possibilità del giocatore in combattimento e sulla stessa esplorazione e, a seconda del gioco specifico, lo possono indebolire, isolare e possono avviare alcuni risvolti narrativi

Il punto chiave della Maledizione e della Vuotezza dipende anche da quello che potremmo definire "evento scatenante", ove Gwyn, temendo l'Anima Oscura (in grado di consumare le altre anime e, quindi, l'essenza vitale del mondo) e l'Immortalità degli Uomini, decise di maledirli con l'Anello Oscuro per indebolirli e renderli mortali. Col passare dei secoli, la Prima Fiamma si indebolì e con essa la Maledizione: gli Uomini iniziarono a morire e a rinascere, di nuovo forti della propria immortalità. Proprio questo stato di Limbo e un certo imbroglio, li conducono gradualmente verso la condizione di Vuotezza: uno fine impossibile da raggiungere che in ultima istanza li rende gusci in grado di rispondere unicamente a impulsi istintivi. In termini metaludici, è un po' la sorte che tocca al personaggio giocante nel caso in cui il giocatore, frustrato dalle difficoltà poste dal gioco, dovesse decidere di non continuare la propria partita: lasciando quindi il proprio personaggio per sempre immobile, nell'attesa eterna che la Fiamma consumi le ultime energie


Un gioco che si muove tra l'avventura narrativa e la visual novel, sfruttando il medium ludico per raccontare una storia estremamente intima e dolorosa. Può facilmente ricordare Dys4ia di Anna Anthropy, ma la storia qui raccontata scava più a fondo nei comportamenti e nei sentimenti della protagonista permettendo di conoscerne (almeno un po') le sofferenze causate dalla transizione e il trauma seguito dalle scelte prese per poter guadagnare abbastanza denaro per permettersi sia di mangiare che di prendere gli estrogeni; in questo si avvicina molto alla struttura del video-poema, come è il caso dei bitsy-games. Nel corso dell'intero gioco si percepisce più volte l'intorpidimento emotivo di Taylor McCue e, le scelte da prendere, non sono effettive: del resto la storia è biografica e una soltanto, l'opzione che potremmo definire secondaria può soltanto essere stato un pensiero frutto del conflitto della protagonista, e una speranza da parte del giocatore. Speranza che la storia possa finire meglio, che Taylor prenda altre decisioni. Ovviamente, così non può essere. In questo caso sarebbe interessante poter osservare le scelte del giocatore, consapevole che questi sono episodi reali di una persona reale: mi chiedo in quanti mossi dalla sola curiosità abbiano scelto le opzioni percepite come più negative, dati quei presupposti; sarebbe interessante indagare sul motivo di quelle scelte, se per semplice e forse crudele curiosità o per altro

Ad ogni modo, l'unico accorgimento che mi permetto di fare riguardo questo importante gioco riguarda l'audio: non c'è traccia di alcun suono a parte un momento in cui squilla il telefono, cosa che mi ha preso di sorpresa e anche in positivo. Penso che l'audio potrebbe essere maggiormente sfruttato in questo contesto, per riuscire a comunicare in modo alternativo e più complesso rispetto alle sole parole e ai soli disegni