Rispetto ad altri appartenenti a questa tipologia, è forse interessante la possibilità di non leggere e interagire con parti del poema in gioco. Forse si tratta solo di una svista, ma concettualmente è particolare sul piano dell'agentività. Troppo breve e semplice anche considerata la tipologia, comunque

Mi piace molto il fatto che qualsiasi posto è raggiungibile facendo particolare attenzione alla segnaletica

Come altri, mi rendo conto che ci sono davvero delle belle idee già per il suo anno di uscita: la divisione e caratterizzazione delle missioni, il dover acquistare l'armamentario che ci si vuol portare appresso di volta in volta, il permettere già azioni come quella di avvelenare del cibo. La possibilità di indossare il vestiario delle proprie vittime già preannuncia le grandi potenzialità dello stealth tipico e unico della serie - che qui si riduce anche unicamente a questo, visto che agire nell'ombra è tra il troppo semplice e l'impossibile a seconda di ciò che intendiamo

Ci sono però tantissime cose che trovo vadano pure oltre il fastidioso. Io mi ritengo molto generoso quando si mette di mezzo il concetto di invecchiamento dei giochi: spesso e volentieri, a mio avviso, si tratta solo di idee di game e level design differenti da quelle popolari. Qui però ce n'è avoja: muri invisibili, movimenti e comandi macchinosissimi, ronde dei nemici e IA ancora troppo rudimentali, attaccare con il coltello non genera nessuna pozza di sangue a terra (cosa importante visto che rende l'uso del filo per strangolare assolutamente inutile), se si destano sospetti mentre si indossano vesti altrui questi possono essere fugati indossando altri vestiti anche sé di fatto identici. Le scelte per gli assassinii sono molto limitate, il gioco è (anche per ovvie ragioni) molto lineare rispetto ai suoi successori. Di per sé non è assolutamente un problema, anzi. Purtroppo però questo si traduce in una eccessiva ingenuità nella costruzione delle missioni e nel placement dei nemici (e la già menzionata IA scadente non aiuta, anzi). Ai miei occhi diverse missioni conservano comunque un certo fascino, ma ve ne sono troppe nella seconda metà che aderiscono unicamente allo shooter (pure fatto male)

Mi tocca fare il confronto con Tacoma, secondo me la scrittura e la gestione del mistero sono drammaticamente molto meno interessanti. Inoltre, messi un paio di eventi che apparentemente servirebbero solo per mettere un po' di tensione. Secondo me non funzionano tanto bene a causa della eccessiva discontinuità e a causa del fatto che non si sfrutta mai in nessun modo l'ambiente, il racconto o la casa in modo tale da spingere sul senso di inquietudine e sui sospetti che vorrebbero evocare (aka che c'è qualcun altro nella casa con noi). Di fatto, c'è in effetti qualcun altro: questo incontro si verifica nel finale ideale - se così vogliam chiamarlo, la cui esistenza viene anche suggerita dal fatto che gli altri finali non sono in effetti perfetti per tutti i sopravvissuti

In sé è semplicemente un mini-gioco in cui sparare a esemplari di gallo cedrone, un po' come accade in 'Duck Hunt' ma con delle robe in più buttate a caso (es.: elicotteri e mongolfiere). Inoltre non prevede il supporto di una pistola ottica o robe simili, si gioca semplicemente col mouse. Un po' scomodo sinceramente, ma penso sia questione di abitudine e di trovare il modo di regolare la sensibilità

A essere interessante è la storia commerciale del titolo

Capostipite di una delle serie di maggior successo in Germania. Il chara design del volatile ha origine da un gioco del '92 per l'Amiga, 'Duckling', che a quanto mi pare di capire non è mai stato rilasciato per il pubblico.

'Moorhun' nacque come adv game per una compagnia di Whiskey, marchio Johnnie Walker. All'epoca il gioco si chiamava "Kippen Schieten" e vari team promozionali lo proposero in pub tedeschi portandoselo appresso con alcuni computer portatili. Alla base della campagna pubblicitaria c'erano dei contest da tenersi in quegli stessi pub o bar: i partecipanti ricevevano un campione gratuito di whisky Johnnie Walker; chi raggiungeva un punteggio in-game sufficiente, inoltre, riceveva in premio un disco con dentro il gioco. In seguito a questa prima diffusione (che penso abbia avuto un discreto successo), qualcuno ebbe l'idea di estrarlo dal supporto fisico e di renderlo disponibile gratuitamente online. Sotto forma di shareware di appena 2MB, divenne parecchio giocato sui posti di lavoro tramite un semplice invio mail - si parla di "Moorhuhn-Boom". Venne contestualmente fatta anche un canzone e un video musicale

'Crazy Chicken 2', non presente su Backloggd, è stato acquistato 300mila volte il giorno di lancio. Inoltre, la versione gratuita è stata scaricata c.ca 180mila volte all'ora

Tale il successo da generare anche un sottogenere, il "Moorhuhnschießen" - letteralmente "tiro al gallo cedrone"

Le Demo dei vari giochi sono state scaricate c.ca 80 milioni di volte, gli acquisti ammontano a 15 milioni. La serie principale è composta ad oggi da 20 titoli; vanno aggiunti c.ca 50 titoli spin-off

Un immersive-sim-lite, secondo me un punto di inizio per chi non ne ha ancora giocati. Bel gunplay, ma secondo me troppo povero e la varietà nella libertà d'approccio è un po' troppo banale

Due cose da dire:
1 - Il publisher di 'sto gioco è Gainax, lo studio di Evangelion (uno dei founder stessi è Anno). Si sono occupati degli artwork promozionali e, presumo, di diverse cose legate al concept e al character/monster design

2 - Difficile in culo, praticamente impossibile salvare il gioco e ti lanciano in faccia trecento mostri contemporaneamente, anche belli resistenti. Vero è che, in modo abbastanza atipico, si è particolarmente potenti sin da subito: con l'attacco standard ben potenziato si è in grado di ammazzare in un secondo una buona parte dei nemici. Però non lo accetto ziopera, sono troppo veloci e muoversi in modo paziente mi è risultato spesso più controproducente che altro

Ah, è presente un sistema di progressione più o meno permanente che si realizza in un aumento di livello (sia per sé che per i propri companion) e in un relativo aumento di HP e di danni effettuabili. Questo, amici miei, è quel che basta ai giapponesi per definire un gioco un GDR (si scherza)

Boh dai, tipo quello della roulette

Esperienza migliore rispetto al primo capitolo, probabilmente anche merito dello pseudo-hub, della distribuzione dei mini-dungeon e del fatto che stavolta mi son ritrovato a usare bene o male tutte le risorse a mia disposizione per avanzare. Riguardo quest'ultimo punto, è anche vero che l'ho giocato alla difficoltà più elevata stavolta: per cui sarà dovuto anche a questo, in realtà

In generale però ho ritrovato tutte quelle cose che ho disprezzato del primo capitolo, per quanto generalmente migliorate: le parti di esclusivo shooting, il platforming molto banalizzato, lo stealth pieno di cose sgradevoli (a partire dal funzionamento dell'IA), lo skill-tree molto superficiale. Almeno stavolta le abilità e le armi si ottengono in maniere a mio avviso più convicnenti

Una breve esperienza narrativa, perlopiù emozionale, in cui le interpretazioni del protagonista riguardo i propri vissuti e la propria mondanità cambiano radicalmente nell'attesa di un evento che gli provoca forte apprensione. Lo stile grafico aderisce alla bozza, al doodle, alla cazzatina, un po' lo stile sottrattivo del "meno è meglio". In questo modo è un tipo di rappresentazione che può permettere anche una più facile identificazione da parte dei giocatori

La forma videoludica funziona, così come ha funzionato per esempio per "He fucked the girl out of me"

Bellina la storia. Lo stealth funziona pure, ma diventa troppo ripetitivo abbastanza in fretta nonostante la novità della visuale che è un mix tra la seconda persona e la semplice telecamera fissa. Richiede un po' di allenamento ma dopo poco si riesce a gestirla abbastanza bene. C'è da dire, però, che i movimenti della protagonista sono spesso problematici se non si fa attenzione, dato che allontanarsi troppo da un POV comporta lo spostamento automatico alla telecamera a lei più vicina; così facendo, a seconda dell'orientamento del POV rispetto alla protagonista i movimenti di quest'ultima vengono fastidiosamente alterati portandola a orientarsi verso un'altra direzione o a tornare indietro

Tematicamente è anche interessante come la presenza di uno Stato che sorveglia e spia i propri cittadini in maniera così pedante permetta di accedere ai vari scenari anche attraverso un'enorme quantità di telecamere nascoste (es.: dentro pupazzi, arredamenti, statue), agendo con una sorta di ironia - anche alcuni dei personaggi in gioco confermeranno che uno Stato simile può solo rivedersi ritorso contro il proprio autoritarismo

La mole di informazioni raccoglibile in giro per i vari capitoli è ammirevole, permettendo di dare una certa profondità al contesto, ai personaggi e all'organizzazione di cui si fa parte. A parer mio, paradossalmente, non si è scavato abbastanza a fondo: si poteva fare molto di più, nonostante il già ottimo lavoro quantitativo. Purtroppo, a livello di intrecci e di superficialità si perde un po' troppo spesso, non convincendomi neanche sulla confluenza di eventi sul piano temporale

Purtroppo questa bravura non si è molto riversata su certe coerenze narrative che sono state troppo piegate da possibili esigenze di gameplay - anche se a mio avviso si poteva spingere di più per rendere il gioco più punitivo

Il level design, provando a variare, mantiene comunque un tipo di organicità che si ripete di capitolo in capitolo e che non permette mai di fare qualcosa di davvero particolare: gli oggetti segreti sono sempre celati alla stessa maniera (è stata un po' sorprendente solo la prima scoperta) e i power up che si ottengono rendono fin troppo triviale l'attraversamento di un livello. Anzi, alcune di queste abilità non ho neanche mai dovuto usarle: mai ho provato a far suonare un telefono per distrarre una guardia. Il motivo è anche che essere scoperti non comporta niente di particolare: si viene portati in una cella di contenimento (semplicissima da aprire) e i propri oggetti (lo spry al pepe e il taser) vengono confiscati. La protagonista può essere catturata anche 100mila volte nello stesso livello, non ci sono mai serie ripercussioni

Inoltre, l'IA è davvero problematica, e qui si entra nel discorso della bassa punizione inferta dal gioco stesso, in modo abbastanza incoerente sul piano narrativo:
le guardie si rendono conto del fatto che la protagonista ha usato un nascondiglio unicamente se lo ha fatto proprio davanti ai loro occhi, non faranno mai il tentativo di aprire un armadietto, altrimenti;
perdono interesse fin troppo in fretta, nel giro di una ventina di secondi credo o comunque in meno di un minuto;
se si viene individuati, tecnicamente lo stato di allerta ma basta attendere meno di minuto perché il loro interesse scenda a 0 - non sarebbe troppo un problema normalmente, ma non fanno mai una ricerca particolarmente serrata;
i percorsi seguiti dalle guardie stesse sono sempre parecchio prevedibili, anche in quei casi in cui l'IA dovrebbe permettergli aleatorietà (cosa che il gioco effettivamente prevede);
a un certo punto, nella seconda metà, si complotta con un certo personaggio per screditare alcuni affiliati diffondendo fake news su di loro e l'intervento autoritario è fin troppo rapido e ingenuo nel reagire

Ora, riguardo i primi punti ci sono possibili considerazioni da fare. Sappiamo grazie a diversi file e alla narrazione che, per esempio, molti di questi soffrono di gravi disturbi mentali, che sono stati soggetti a "ricalibrazione" (un processo atto a neutralizzare pensieri e atteggiamento sovversivi), che almeno qualcuno di questi è rimasto disilluso dalla realtà in cui si ritrova. Al netto di questo pare anche plausibile che si tratti di NPC con delle difficoltà a eseguire il proprio lavoro. Tuttavia, come spiegazione non mi convince affatto e sono più propenso a considerare che si tratti solo di un lavoro mal fatto

Giocato su cellulare, comunque, propone un'esperienza più affascinante e anche tematicamente rilevante

Onesto, molto soddisfacente. La narrazione ci sta, non mi ha impressionato particolarmente ma quel che conta in questo PoP sono il combat system e la più che buona quantità di puzzle ambientali. All'inizio ero parecchio scettico e mi aspettavo una ciofeca, invece mi devo ricredere pienamente.
La progressione in quanto tale è molto tradizionale, in termini di esplorazione: si tratta pur sempre di recarsi in vari anfratti della mappa per recuperare i molti collezionabili, risorse utili (badge ed emblemi per aumentare la propria vita) e la valuta per gli scambi con i mercanti; l'inizio è logicamente molto lento e, ottenendo l'air dash, ci mette pochissime ore a rapidizzare i ritmi. La mappa è piuttosto grossa, fortunatamente le strutture per il teletrasporto sono ben distribuite (anzi, forse un po' troppo frequenti)

La novità sta nella sostituzione dei poteri temporali (per quanto certi puzzle pongano questo tipo di alterazione) con poteri che hanno a che fare con la sostituzione spaziale. Il protagonista è in grado, in più modi, di trasportarsi in un punto alternativo nello spazio distante da esso (es.: un punto in cui si è trovato in precedenza; sostituzione con la propria arma da lancio). Alcune boss fight in particolare sono davvero ben pensate, messe in relazione all'utilizzo di bene o male tutti i poteri e combo che si hanno a disposizione. Tra le varie cose va notato come in alcuni moveset dei boss siano inclusi attacchi frequenti negli action bidimensionali (es.: onde di energia che piovono dall'alto quasi contemporaneamente, a coprire l'intero schermo) ma reinterpretati in maniera tale da rendere la schivata quasi sempre impossibile e da richiedere al giocatore l'utilizzo dei propri poteri per farvi fronte. In particolare, la verticalità viene premiata così come il frequente utilizzo della deflessione per respingere e contrattaccare. Quest'ultima specialmente se si considera l'elevata quantità di badge che permettono di sfruttarla al meglio

Sotto certi aspetti il gioco tende parecchio la mano: le aree per il teletrasporto sono forse troppo frequenti; morire comporta la perdita di appena dieci cristalli (la valuta di gioco); certi potenziamenti, verso metà gioco, trivializzano quasi tutti i nemici ordinari rendendo certe sfide a orda fin troppo facili da superare, anche in punti avanzati

Temevo poi che anche l'art direction si rivelasse scadente. Devo invece ricredermi. I nemici ordinari sono probabilmente piuttosto anonimi, ma i boss sono sinceramente ben caratterizzati; i fondali, oltretutto, sfruttano ottimamente la tridimensionalità, ben restituendo l'idea della maestosità della città e delle strutture che la costellano

Altra cosa particolare è come dalle impostazioni sia possibile customizzare al dettaglio gli elementi di gioco: difficoltà nel deflettere, nello schivare, vita dei nemici, danno ambientale, sono tutte alterabili individualmente in base alle proprie preferenze

In generale è un gioco sicuramente interessante, però per quanto mi riguarda lo è più lato narrativo che lato gameplay, per certe particolarità che rendono affascinante proseguire con un New Game Plus

Si tratta di una composizione che prende a piene mani da più giochi From Software. Mi si dirà "grazie al cazzo, ha una struttura da souls-like". Vero, il fatto è che si tratta effettivamente di un collage di sistemi appartenenti a tutto quel ventaglio: sistema di deflessione che ricorda quello di Sekiro (non è ugualmente soddisfacente non per via della finestra di tempo a propria disposizione ma a causa dei moveset degli avversari), sistema di parata e di cura che premia l'aggressività come in Bloodborne, armi quasi inutilizzabili nei corridoi stretti per il giocatore ma non per gli avversari come in Dark Souls. A parte gli scherzi, gli elementi essenziali ci sono circa tutti (per quanto non esista uno schema rigido), compresi elementi a mio dire assolutamente negativi. Il più evidente tra questi potrebbe essere l'elevato numero di boss (e mini boss) i cui attacchi hanno finestre di delay estremamente ampie; è sicuramente anche colpa mia, ma fin troppe volte a causa di ciò non sono riuscito a stimare correttamente i tempi per fare una deflessione (e queste richiedono sempre una certa precisione). Anzi, spesso e volentieri attacchi facenti parte di una stessa combo vengono eseguiti seguendo una fastidiosa aritmia, e non ho neanche menzionato come molte creature abbiano un tracking all'attacco peggiore di quello in Dark Souls 2. C'è da dire che ci si può semplificare la vita usando esplosivi, armi con varie proprietà (fuoco, elettricità) e sperimentando con la composizione delle lame e delle impugnature (spadone + stocco in particolare)
A proposito della deflessione, questa è effettivamente efficace quando la si riesce a usare: porta rapidamente a uno sbilanciamento significativo dell'avversario e, in alcuni casi, permette di spezzare la lama dell'arma impugnata. Ci tengo poi a sottolineare una cosa: i tempi concessi per eseguire la parata sono assolutamente giusti e sufficienti, è ben realizzata. Parare un po' troppo presto comporta una punizione di piccolo conto, che è una riduzione temporanea della propria vita che può essere rimediata attaccando aggressivamente. Il problema, come più volte ripetuto, ce l'ho con il moveset di diversi nemici: attacchi con un ritardo all'esecuzione fin troppo dilatato, attacchi che mandano a terra per troppo tempo e combo fin troppo lunghe che, nella situazione in oggetto, fanno eccedere la dicotomia rischio-ricompensa verso il rischio perdendo d'equilibrio

Lato scrittura vi sono molte somiglianze con Bloodborne, se si considerano anche alcuni encounter e la presentazione di alcune quest secondarie; oltre poi al world building, nonostante possieda di fatto una propria marcata identità che lo rende memorabile, tanto nei luoghi quanto nel monster design

Alcune cose mi han fatto storcere il naso, in particolare lato doppiaggio. Personaggi come quello di Lorenzini secondo me sono stati doppiati in maniera troppo superficiale, e la caratterizzazione del grillo è fin troppo distante da quella di tutti gli altri personaggi di quel mondo. Di contro, ve ne sono altri convincenti come Arlecchino

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Riguardo il fascino della storia e di come è raccontata

I Souls sono tradizionalmente abbastanza criptici e trattano diversi contenuti aderendo al misterioso. Rigiocare una partita non è interessante soltanto lato gameplay per le consapevolezze raggiunte in quanto giocatori (presumibilmente a quel punto esperti) ma anche perché si ha la possibilità di riaffrontare determinate situazioni e interazioni rileggendole nella personale chiave interpretativa fornita da una serie di rivelazioni che hanno luogo quando si presta attenzione ai testi

In Lies of P la storia del mondo è molto più scarna, molto più esposta attraverso i dialoghi e l'oggettistica esaminabile non offre una quantità di informazioni paragonabile. Le sottotrame sono numericamente inferiori, buona parte degli NPC con cui interagire non sono un granché approfonditi e integrati nella storia complessiva. C'è però, come dicevo, una particolarità: nel corso della partita si ha la possibilità di mentire e di dire la verità, quando si interagisce con altri NPC. In base a questa scelta, e a un altro paio di cose, si avrà accesso a uno tra tre possibili finali. Voglio aggiungere una cosa: il gioco non insiste abbastanza sull'ignoranza del giocatore e sulla sua ingenuità. Mi spiego meglio
Alla base degli eventi del gioco, com'è logico aspettarsi, v'è un grosso mistero che può essere gradualmente svelato scoprendo alcune aree segrete, leggendo libri e lettere, interagendo a sufficienza con alcuni personaggi. A mio avviso, sarebbe stato più interessante fare in modo che la prima partita rendesse accessibile esclusivamente il finale effettivamente negativo (un finale peraltro obbligato se, ignari, si fanno determinate scelte durante la partita), lasciando dei messaggi subdoli a lasciar intendere che in effetti delle alternative erano possibili. In questo contesto, entra in gioco un'altra particolarità: alcuni dei boss-robot con cui si combatte all'inizio comunicano con noi attraverso suoni inintelligibili; nel corso della partita (ma solo più tardi), è possibile ottenere un marchingegno che rende possibile la comprensione di questi suoni. Nel New Game Plus, è possibile portare con sé questo oggetto. In questo modo, è possibile ritornare a quei combattimenti e ottenere delle importanti rivelazioni che approfondiscono ancora di più la verità che si cela dietro gli eventi portanti. Va precisato che rivelazioni simili possono essere ottenute in modo alternativo anche nel corso della prima partita, in maniera secondo me troppo anticlimatica: gli sviluppatori in questo caso non sono riusciti a sfruttare un grande potenziale già di per sé insito nel gioco. Il che è un peccato visto come porti avanti in modo interessante il suo tema principale (che accomuna molte delle storie), e cioè l'umanità che risiede nel mentire, nelle sue ombre e nella sua innocenza. Molti dei personaggi sono incatenati dalla menzogna e dal sotterfugio, mentire frequentemente nel gioco conduce a due finali (e a un'arma micidiale) e uno degli antagonisti principali desidera un mondo in cui gli esseri umani abbraccino la verità e abbandonino la menzogna, lasciando indietro le loro vesti mortali e dirigendosi verso una deforme (magari immateriale) perfezione. In una maniera, immagino che proprio come in Dark Souls anche qui possa ritrovarsi il tema della condanna e della tragedia ineluttabile lì dove si tenti di
andare oltre natura e di equipararsi a un Dio
Avrei poi preferito che il grillo avesse un ruolo molto più importante e centrale, sinceramente. Penso sia stato un po' sprecato, la sua presenza l'ho avvertita con troppo distacco e, per il doppiaggio e per la scrittura cui facevo cenno, fastidio

Interessante? Sì, certo. Belus? Manco p'o cazzus

"Alan Wake" arriva sicuramente dalla tradizione del survival horror, per quanto gli sviluppatori stessi vorrebbero non identificarlo come tale. Da un lato penso abbiano ragione, essendo comunque manchevole di alcuni elementi chiave (es.: estrema scarsità di puzzle)

Si tratta di un gioco strano, in particolare a causa di una certa quantità di inconsistenze e incoerenze. In quanto horror, approda più esattamente nell'horror psicologico vantando influenze che vanno da King a Lynch, fino a Carpenter (in particolare "Il seme della follia"). Supportano questo appunto soprattutto elementi narrativi e di enemy design anziché direttamente di gameplay: una certa introspezione e indagine psicologica del personaggio e una manifestazione degli orrori dipendente dal protagonista stesso. Per quel che riguarda il combat system, mr. Wake mostra chiaramente di essere una persona comune affaticandosi relativamente in fretta, non prevedendo nessuna forma di corpo a corpo e attraverso l'impossibilità di portare con sé un eccessivo quantitativo di oggetti. Tuttavia, le sue abilità con le armi da fuoco sono forse eccessivamente alte. Inoltre, lo slow motion è a mio avviso troppo frequente, al punto da quietare l'impatto di certi momenti in cui è invece più adatto

La proposta di una realtà horrorifica è però garantita da un passaggio intenzionale accaduto nel corso dello sviluppo. In origine, "Alan Wake" era stato pensato come un open-world e, in quanto tale, avrebbe dovuto consentire l'esplorazione della cittadina e della foresta in cui questa è immersa; difatti, nelle varie zone di capitolo in capitolo (potremmo quasi definirle delle piccole open-map, ma sono un po' troppo lineari) è possibile avvistare in lontananza edifici e punti di interesse esplorabili e raggiungibili in quel capitolo stesso o in altri. A proposito dei capitoli: inizialmente "Alan Wake" prevedeva una pubblicazione digitale episodica in tempi differenti - riprendendo il modello delle serie televisive; Microsoft, non vedendosi d'accordo, ha spinto per la pubblicazione del prodotto intero

Il mondo di gioco, ad ogni modo, riesce ad aderire a modo suo a un concetto d'avventura ed esplorazione. L'introduzione in particolare è ben realizzata: permette di interagire, inconsapevolmente, con buona parte dei personaggi che ritornano in altri episodi, di esplorare luoghi che restituiscono un buon senso di realismo e familiarità (cosa purtroppo poco ripetuta a partire dal secondo episodio, come anche la possibilità di parlare ad altri personaggi presenti nella scena semplicemente andandovi vicino). Ancor di più, questa avventura si fa misterica ed entra in sinergia con l'enemy encounter design. Gli avversari sono sempre piazzati più o meno sapientemente, all'interno di arene o punti di transizione della mappa relativamente diversificati, e sono sempre particolarmente aggressivi. C'è però una particolarità: Wake, nel corso della propria esplorazione e entro i limiti della mappa, può dirigere sguardo e gambe dove vuole e seguire un proprio percorso; i nemici spesso e volentieri emergeranno dalle ombre alle sue spalle, in assenza di un qualsiasi segnale uditivo che ne annunci la comparsa. Solo occasionalmente un effetto sonoro e uno spostamento forzato della telecamera puntano in direzione dei nemici che stanno per aggredirlo, altrimenti Wake si accorge della loro presenza solo nel momento esatto in cui viene aggredito. Il giocatore viene quindi spinto a rimanere sempre in allerta, conservando un certo livello di tensione e una tendenza a guardarsi sempre attorno per individuare i propri inseguitori. La linearità è di fatto tale, ma le zone sono un minimo aperte così da permettere questo tipo di eventi. Proseguendo coi capitoli, inoltre, capiterà spesso di trovarsi in piccole radure o in quartieri della cittadina: i nemici, per un giocatore inconsapevole dei punti di spawn, potrebbero certamente apparire dietro qualsiasi angolo. Sommando questo al fatto che le creature sono tutte particolarmente aggressive, si permette un costante stato di pericolo. Capita anche che zone precedentemente considerate sicure non siano più tali in altre situazioni: la sicurezza viene sempre e solo garantita dai fasci di luce, e le aree boschive amplificano un senso di disorientamento che viene già garantito dall'aria cupa e dall'oscurità. Al netto di tutto ciò, permane però una sensazione sgradevole dettata dal fatto che l'esplorazione negli spazi aperti e della città sono consentite solo all'interno di aree ristrette e perlopiù di notte: non è mai davvero permesso vederla da vicino e viverla al di fuori di qualche cutscene, e non è mai possibile conoscerla. Al massimo, ci si ritrova a combatterla

Questa apertura dello spazio esplorabile, e i precedenti di sviluppo sotto forma di open-world, sono anche suggeriti da un uso relativamente frequente di automobili (danneggiabili peraltro): queste servono tanto per raggiungere un certo punto della mappa quanto per abbattere alte quantità di avversari. Un'inclusione forse dovuta all'influenza dei vari GTA, lo sviluppo si è svolto in un'epoca in cui l'open-world si era diffuso a macchia d'olio e con esso lo spostamento con automobili. Purtroppo il sistema di guida è ammazzato da un'accelerazione del mezzo tale che sembra di essere nella Formula 1. Questo, per me, costituisce particolare punto di dispiacere. C'è una cosa in particolare che faccio nei giochi con forte impronta narrativa: cammino. Con questo intendo che tendo a muovermi a passo d'uomo, cercando di aderire al realismo di certe situazioni, accettando come avanzamento ed esplorazione possano giovare da ritmi più dilatati e attraverso i quali ci si lascia il tempo di osservare il mondo che è stato più o meno meticolosamente costruito dagli sviluppatori. Questo funziona in particolare nei casi in cui abitazioni e strade siano state realizzate ponendo particolare attenzione alla composizione, alle routine, ai compiti, agli arredi. Ancor più nei casi in cui sono possibili interazioni, come è il caso di questo gioco quando avvicinarsi a un personaggio attiva automaticamente un dialogo. Questo mio atteggiamento nei giochi si può anche traslare all'uso dell'automobile: un esempio è "Mafia", dove tendenzialmente guidavo a basse velocità cercando di apprezzare gli esterni del gioco

Mi rincresce ammettere che nel corso della partita l'apprendimento ha fatto molto per ridurre la tensione stessa: più volte, specie quando non mi trovavo nella foresta, ho potuto facilmente riconoscere i momenti di tranquillità dato che il gioco tende a seguire un ritmo abbastanza prevedibile

Questa particolarità non trova purtroppo uguale livello nella scrittura (che tende fin troppe volte al generico film action, con un paio di sequenze che mi hanno ricordato non per nulla Max Payne), di interazioni e distribuzione delle risorse (troppo facile cumularle in blocco, se ne trovano parecchie ammassate; la pittura gialla ci sta ma ridurla a frecce è troppo grezzo; i fanali luminosi dovrebbero fare da trappola ma fin troppe volte conviene affrontare da sé gli avversari visto l'eccesso di risorse senza rischiare esponendosi), sound design (il gioco è efficacemente silenzioso, ma quando presenti i suoni ambientali e i suoni non diegetici non hanno mai prodotto qualcosa che influenzasse il mio livello di tensione) e di varietà. Riguardo quest'ultimo punto, mi riferisco in particolare al fatto che il gameloop fondamentalmente ruota attorno all'atto di sparare contro piccole orde di nemici, lasciando fin troppo poco spazio a qualsiasi altro elemento di gameplay