Finished o non finished, è questo il dilemma

Peggiore scrittura dei dialoghi mai vista, e pixel hunting atroce e a livelli che non penso potranno mai essere ripetuti.

Presenti due particolarità: inventario organizzato non per box individuali, nel quale è possibile disporre a proprio piacimento gli oggetti raccolti ; un'azione per osservare la zona su cui è posizionato il puntatore, per osservare da vicino determinati dettagli (e fondamentale, in certi casi, per il pixel hunting, se pur sapere che ci sono posti specifici in cui bisogna guardare rasenta l'impossibile).

2022

Molto tenero, i singoli livelli (in tutto tre) sono ben costruiti e convincenti. Troppo breve e troppo semplice per poter essere veramente interessante come gioco del 2022, ma è una base più che buona per uno studio composto da due persone in tutto - decisamente non nuove nella scena videloludica, avendo precedentemente lavorato, per esempio, come 3D artist e al level design di giochi tripla A (e, in questo, la loro competenza per l'appunto si nota).

Purtroppo, in proporzione alla lunghezza di gioco le missioni ripetitive a tutti gli effetti sono troppe

Ok per chi alle prime armi con un punta e clicca, se pur anche a scopi iniziativi ci sono titoli di gran lunga più interessanti. Secondo me, in vari punti il racconto e i personaggi si perdono pe strada. Il commentario da parte degli sviluppatori attivabile in-game è pressoché inutile, non offre un gran numero di informazioni circa le loro scelte artistiche, di design e via dicendo. C'è anche qualcosa che non mi convince della pixel art di tanto in tanto, così come dei background e dell'effetto parallasse. In generale non saprei inquadrare bene il motivo, ma ricordo distintamente tutti i momenti poco convincenti. Belli i primi piani, fin troppo poco sfruttati

Gradevolissimo visivamente. La OST accompagna bene i singoli scenari, senza mai essere nulla di eclatante: è sempre solo un sottofondo piacevole. I puzzle possono ogni tanto risultare scoccianti ma solo perché è presente del backtracking (dovuta al fatto che in certe zone ci si può tornare solo dopo aver ottenuto un numero maggiore di Twigling e le varianti ghiacciate, lunari e infuocate) e orientarsi in base alla mappa in funzione delle aree da rivisitare non è immediato. Inoltre, la difficoltà dei puzzle stessi letteralmente si annulla nel momento in cui si ottiene un buon numero di Twigling (25-30), in quanto a quel punto si tratterà semplicemente di ripartirli opportunamente di situazione in situazione. I nemici alla lunga sono abbastanza monotoni e la loro presenza è difficilmente giustificabile in quanto il combatterli non porta a quasi nessuna varietà già che adottare delle strategie vere e proprie è impossibile. Probabilmente sarebbe stato meglio concentrarsi solo e unicamente sui puzzle, sull'avventura e su un sistema di crafting che, in aggiunta, risulta essere piuttosto superfluo (fatta eccezione per gli esplosivi).

Gradito il sistema di viaggio rapido, così che ci si possa spostare tra le varie zone senza la rottura di coglioni del procedere a piedi.

Così come in Pikmin, le creature aiutanti in questo gioco vengono lanciate nella posizione designata dal giocatore: mai troppo distante, così da non facilitarsi troppo la vita con certi puzzle. Tuttavia, questo metodo è assolutamente imbecille nel contesto del combattimento: se in Pikmin poteva essere sfruttato adeguatamente grazie anche al fatto di essere in 3D, ciò non funziona assolutamente in The wild at heart. Anzi, la meccanica del lancio rende semplicemente il tutto più macchinoso: sarebbe stato probabilmente meglio un sistema più immediato come quello adottato in Overlord, permettendo anche una certa autonomia ai Twigling stessi.

Ci sta per passare qualche ora senza nessun impegno, col culo sfondato sulla poltrona, e ha una bella varietà di ambienti. Però è, in generale, tutto da basic bitch

Mi fa ridere che sia stato realizzato dagli stessi di Dear Esther e del secondo Amnesia

Zzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz

This review contains spoilers

Ci sono un sacco di tope spaziali

Di un tragico abbastanza banale

Gioco italiano partorito da Fantastico Studio e da Julián Palacios Gechtman (membro del collettivo milanese Eremo e autore di Promesa, uscito giusto l'anno scorso). Ne risulta un mix tra l'esplorazione e il maze-game in ambienti realizzati sulla base delle opere di Enzo Cucchi. Scopo del giocatore è quello di trovare i dipinti di Cucchi (51 in tutto), operazione che permette di sbloccare le tele nella libreria del Menù d'avvio. Ritengo poco azzeccata la scelta di rendere meno libera l'esplorazione attraverso il collocamento di teschi (a loro volta ispirati a quelli realizzati da Cucchi stesso) che inseguono il giocatore all'interno dei livelli con labirinti: entrare in contatto con uno di essi porta alla perdita di uno dei dipinti che sono stati raccolti in quel livello, costringendo il giocatore che voglia ottenerli tutti a ripeterlo (e l'esperienza di gioco non rende interessante il rigiocare i vari livelli). Diversi degli elementi nei vari livelli sono animati in modo tale da restituire una certa vivacità alla scena, senza eccessi.

2021

Puzzle-Platformer molto tranquillo che può facilmente ricordare Journey. Niente del game desgin promette qualcosa di nuovo o di particolarmente interessante, per quanto ci siano al contrario trovate simpatiche nella realizzazione di alcuni ambienti. La conclusione fa abbastanza cacare. Al solito, più che lodevole il fatto che sia stato tutto realizzato da una sola persona.

In ogni scenario/capitolo vanno raccolte sfere d'energia necessarie per attivare un portale (o per accedere a certi percorsi) che porterà a quello immediatamente successivo: in totale saranno pressoché sempre più di quelle necessari per avanzare (3). Inoltre, sarà possibile recuperare dei dispositivi contenenti brevi informazioni testuali che possono essere utili al giocatore al fine di ricostruire eventi del mondo di gioco.

Sono presenti 50 creature e con buona parte di esse è possibile interagire: l'interazione permette o di ottenere frammenti di energia (un certo quantitativo permette al giocatore di accedere a una momentanea capacità di muoversi più rapidamente, cosa abbastanza inutile) o di attivare in certi (pochi) casi delle azioni (es.: una creatura a forma di foglia è in grado di far saltare verso l'alto il proprio personaggio più di quanto questi non sia in grado di fare in autonomia). Presente anche un bestiario, che si compila automaticamente man mano che ci si avvicina abbastanza a ciascuna creatura: purtroppo, ogni voce è notevolmente povera e inutile ai fini di conoscere i comportamenti effettivi e manifesti di tutte loro e non permette neanche di farsi un'idea su un supposto ecosistema locale. Nel bestiario inoltre a ogni voce si associa un modellino tridimensionale della specifica creatura selezionata, ma questi sono notevolmente piccoli e non sono osservabili da vicino.

La OST è coerente coi toni del gioco e aiuta effettivamente a rilassarsi mentre si esplorano i livelli (quasi tutti di piccole dimensioni) e mentre si completano i semplici puzzle che vi si trovano.

Incuriosito da quale potrebbe essere il prossimo lavoro di Jonas Manke.

1996

A reminder that it was called 'Doom in 2D,' it's freeware, and I have to play it again.

An excellent MS-DOS game where platforming and shooting go hand in hand. The enemy design is interesting: the variety of enemy units isn't high, but given the game's brevity it's more than good. The placement of both creatures and obtainable resources (also in terms of distribution and quantity of power-ups) allows for a challenging yet not brutal experience, despite often being discouraged by frequent deaths in the first 20-30 minutes. The jet boots and the ability to aim with the mouse for shooting play an important role in this.

I can't shake off the feeling that the character design is borrowed from Predator and Alien.

Quando Chilla's Art non aveva ancora trovato la propria dimensione spirituale ma aveva già intrapreso la propria direzione folkloristica

Uno dei papà dei giochi investigativi contemporanei, con una quantità di problemi assurda: sequenze di viaggio con il proprio veicolo che diventano noiose già dopo una ventina di minuti (figurarsi dopo aver giocato diverse ore), impossibilità di aprire l'inventario quando ci si trova in una stanza (non che sia davvero necessario, dato che gli oggetti vengono automaticamente utilizzati dal personaggio quando ne ha la possibilità, es.: una chiave verrà automaticamente usata per aprire la corrispondente cassaforte), funzione-bustarella/minaccia troppo poco sviluppata per essere effettivamente interessante, e, qualora si volesse tentare di allungare la bustarella per ottenere un indizio o un'informazione, è anche impossibile associare un prezzo a quello che dovremmo ottenere. Un'informazione che varrebbe $200 potremmo tranquillamente pagarla $1000, mentre l'alternativa sarebbe partire sempre dalla somma più bassa possibile in attesa di arrivare a una somma accettabile secondo il nostro interlocutore (ma questo non è per nulla enigmatico e diventa, a sua volta, subito inutilmente noioso).

Nonostante questi e altri problemi, il gioco mi risulta comunque estremamente affascinante e non intendo assolutamente isolarlo del tutto, nella valutazione, dall'anno di uscita e dalla rosa di altri giochi d'avventura a esso contemporanei (e, perché no, punta-e-clicca seppur qui non si segua esattamente tale modalità di game-loop). Non che sia per forza necessario: un giocatore di oggi non potrà dimostrare apprezzamento per il comparto audio di Mean Streets (assai valido, all'epoca), ma potrà farlo verso altri elementi al di là di un discorso puramente storico.

I puzzle, per quanto semplici, sono spesse volte ben pensati e permettono di proseguire bloccandosi raramente; i personaggi sono tutti memorabili seppur monodimensionali, e per quanto abbiano poco da condividere col giocatore offrono (quasi) sempre informazioni essenziali al caso (anche se alcune le avrete già acquisite per vie traverse), senza perdersi in chiacchiere (cosa che valuterei normalmente in modo negativo ma non in questo caso, dato che il gioco si concentra unicamente sull'indagine e non è interessato a far conoscere il mondo in cui i fatti avvengono, facendo eccezione per una particolare città in cui ci si può recare verso metà partita); i colori e i disegni adottati per i vari fondali sono vibranti (sì) e piacevoli da osservare; la possibilità di indagare a proprio piacimento in un luogo anziché in un altro, e di interloquire prima con un personaggio e successivamente con un altro, consegna maggiore libertà al giocatore e gli permette di raccogliere informazioni in modi e tempi differenti; non c'è nessuna possibilità di appuntare in-game la grossa mole di informazioni che si ottengono man mano (in particolare nomi e codici/indirizzi), pertanto il giocatore è tenuto a farlo banalmente con carta e penna (o usate Word, cazzi vostri), rendendolo a mio avviso un po' più partecipe portandolo a schematizzare l'ordine degli eventi, i luoghi in cui tornare e quali relazioni intercorrono tra i numerosi personaggi (credo siamo sulla quarantina).

Facilissimo non essere d'accordo e pensare che il mio voto sia troppo lusinghiero in questo caso, ma non me ne frega un cazzo